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RAFFAELLA PERNA Il femminismo come "recupero di un soggetto celato": l'opera di Libera Mazzoleni, 1973-1979 Negli anni settanta la pratica e il pensiero sviluppati dal femminismo hanno avuto un peso considerevole nelle vicende dell'arte italiana, che si estende oltre il perimetro definito dall'esperienza di artiste, critiche d'arte o collettivi di donne coinvolte nei gruppi di autocoscienza e nel movimento di liberazione della donna. In questo senso, la storia di Libera Mazzoleni è esemplare, perché la teoria femminista, soprattutto la decostruzione della psicanalisi freudiana operata da Luce Irigaray, ha giocato un ruolo decisivo nel suo lavoro, benché l'artista negli anni settanta non abbia direttamente partecipato alle attività dei gruppi femministi. Sin dalla prima metà del decennio Mazzoleni avvia, infatti, una rilettura delle pratiche delle neoavanguardie con l'obiettivo di demistificare la presunta naturalità del canone eterosessuale, attraverso una critica serrata delle rappresentazioni tradizionali della donna e della femminilità nella cultura occidentale. In questa fase Mazzoleni stabilisce una fitta rete di relazioni con artiste, critiche d'arte e curatrici della sua generazione e prende parte a diversi progetti e mostre di sole donne che la portano a confrontarsi con il femminismo nord-americano, in particolare con le artiste coinvolte nel Dinner Party (1974-1979) di Judy Chicago, e con Romana Loda, gallerista e curatrice bresciana, in prima linea tra il 1973 e il 1978 nel promuovere le artiste italiane e gli scambi internazionali. Nel 1977, invitata da Loda, l'artista partecipa alle mostre di sole donne Magma (seconda edizione) e Il volto sinistro dell'arte: Mazzoleni condivide infatti con la curatrice l'urgenza di rivendicare per le donne maggiore visibilità e accesso alle istituzioni attraverso progetti espositivi basati sulla separazione tra i sessi. Mazzoleni e Loda non temono, come altre artiste in quel momento, che mostre così concepite possano rafforzare la già pesante emarginazione subita dalle donne. A causa del loro portato ideologico e politico, all'epoca queste esposizioni venivano spesso accolte con giudizi negativi da parte della critica conservatrice, spesso apertamente ostile, che le considerava "operazioni di femminismo e non artistiche". Sorte analoga tocca al libro d'artista Linee Complessi Essere pubblicato da Mazzoleni nel 1974, oggetto di un'aspra querelle tra l'artista e la critica d'arte Barbara Radice, che tocca questioni centrali per il pensiero femminista, come la nozione di autenticità e il ruolo della soggettività nell'opera d'arte. L'analisi della recezione di questo libro, insieme a quella delle mostre di sole donne a cui Mazzoleni partecipa in questi anni, consente di delineare le diverse posizioni assunte dalla critica italiana in merito a opere ed esposizioni pensate per dare espressione alle differenze di genere, e di valutare con maggiore precisione le motivazioni culturali all'origine della chiusura di una parte del sistema artistico italiano nei confronti delle istanze femministe contenute in queste esperienze. leggi l'articolo completo in pdf >> Pubblicato nella rivista Palinsesti no. 8 (2019) |